Orario di lavoro della persona con disabilità

La normativa non prevede specifiche agevolazioni per l'orario di lavoro della persona con disabilità.

25 novembre 2022

L’art. 33 della legge 104/92 prevede che il lavoratore disabile, con rapporto di lavoro pubblico o privato, in situazione di gravità, ai sensi dell'art.3, comma 3 della legge 104 possa usufruire alternativamente dei permessi di tre giorni mensili o di permessi orari giornalieri nella seguente misura:
  • due ore al giorno per un orario giornaliero di sei ore;
  • un’ora al giorno per un orario giornaliero inferiore alle sei ore.
Al di là di questa possibilità, la normativa non prevede specifiche agevolazioni per l’orario di lavoro della persona disabile ed in particolare non prevede:
  • ulteriori possibilità di riduzione dell’orario di lavoro al di fuori del contratto di lavoro a tempo parziale;
  • forme di esonero da turni, lavoro notturno, orario spezzato, ecc.., se non nei casi previsti per la generalità dei lavoratori.
Il Decreto Legislativo n. 66/2003 emanato in attuazione delle direttive della Unione Europea 93/104/CE, del 23 novembre 1993 e 2000/34/CE, del 22 giugno 2000 all’art. 1 – comma definisce come orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività e delle sue funzioni”. Di norma l’orario di lavoro è di 40 ore settimanali. Una durata differente dell’orario di lavoro e particolari modalità di svolgimento possono essere stabilite nei contratti collettivi nazionali (CCNL).
Si ricorda, inoltre, che l’art. 10 – comma 1 della legge 68/99 recante norme per il diritto al lavoro delle persone disabili prevede che ai lavoratori assunti in base alla legge 68/99 si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi.
 
Esonero da particolari forme di organizzazione del lavoro per i lavoratori disabili
Abbiamo già sottolineato che la normativa non prevede specifiche agevolazioni per l’orario di lavoro della persona disabile ed in particolare non prevede forme di esonero da turni, lavoro notturno, orario spezzato, ecc.., se non nei casi previsti per la generalità dei lavoratori.
Ciò avviene, per esempio, in caso di giudizio di inidoneità al lavoro notturno o allo svolgimento di turni emesso da organismi preposti al controllo delle condizioni di salute dei lavoratori (Azienda Sanitaria, Commissioni Mediche di Verifica) o dal Medico Competente nello svolgimento dei suoi compiti di sorveglianza sanitaria in base alla normativa sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 41 del Decreto Legislativo n. 81/2008).
Inoltre per quanto riguarda il lavoratore invalido, l’esonero dal lavoro notturno o dai turni, potrebbe essere richiesto o previsto all’atto dell’assunzione o nella convenzione tra il datore di lavoro e il Servizio di collocamento che ha dato luogo all’assunzione in base alle norme sul diritto al lavoro dei disabili che prevedono il collocamento mirato.
Per collocamento mirato dei disabili si intende, infatti, quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.
Nella valutazione delle capacità lavorative della persona disabile effettuata in sede di accertamento delle condizioni di disabilità (art. 1 – comma 4 legge 68/99) e svolta secondo le modalità indicate nel D.P.C.M. 13/01/2000 allo scopo, appunto, di accedere ai percorsi di inserimento mirato, viene anche considerata la capacità o meno della persona disabile di sopportare particolari modalità di organizzazione del lavoro come i turni, o il lavoro notturno.
 
Flessibilità dell’orario di lavoro
In alcuni contratti di lavoro, soprattutto del pubblico impiego, uno dei criteri per la strutturazione dell’orario è quello di tenere in considerazione, compatibilmente con la organizzazione del lavoro, la condizione di svantaggio personale, sociale e familiare.
Pertanto è necessario verificare quanto previsto dal contratto di lavoro anche attraverso la consultazione delle organizzazioni sindacali.
 
Conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro
Inoltre, in tema di flessibilità, si segnala che l’art. 9 della legge n. 53/2000, così come sostituito dall’art. 38 della legge n. 69/2009, dispone la concessione di contributi a carico del Fondo per l'occupazione, in favore di datori di lavoro privati, di aziende sanitarie locali, di aziende ospedaliere e di aziende ospedaliere universitarie che applichino accordi contrattuali finalizzati ad attuare progetti che prevedano forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato.
Destinatari di tali progetti sono le lavoratrici o i lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorità nel caso di disabilità o di minori fino a dodici anni di età, o fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, o con a carico persone disabili o non autosufficienti, o persone affette da documentata grave infermità.
Tra gli altri progetti finanziabili vi sono:
  • programmi ed azioni volti a favorire il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori dopo un periodo di congedo parentale o per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione;
  • progetti che, anche attraverso l'attivazione di reti tra enti territoriali, aziende e parti sociali, promuovano interventi e servizi innovativi in risposta alle esigenze di conciliazione dei lavoratori.
Una quota delle risorse è, inoltre, impiegata per l'erogazione di contributi in favore di progetti che consentano ai titolari di impresa, ai lavoratori autonomi o ai liberi professionisti, per esigenze legate alla maternità o alla presenza di figli minori ovvero disabili, di avvalersi della collaborazione o sostituzione di soggetti in possesso dei necessari requisiti professionali.
Con D.P.C.M. n. 277/2010 è stato emanato il nuovo regolamento di attuazione in cui sono previste misure di conciliazione distinte in favore dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi. Con D.P.C.M. n. 277/2010 è stato abrogato il Decreto Ministeriale 15 maggio 2001 contente il primo regolamento per l’erogazione dei contributi previsti dall’art. 9 della legge n. 53/2000.
 
C’è da rilevare comunque che gli ultimi finanziamenti per progetti previsti dall’art. 9 della legge n. 53/2000 risalgono al 2011.
 
Normativa di riferimento
  • Legge 5 febbraio 1992, n. 104 - "Legge - quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.";.
  • Legge 12 marzo 1999 n. 68: "Norme per il diritto al lavoro dei disabili";
  • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2000: "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili a norma dell'articolo 1 comma 4 della legge 12 marzo 1999;
  • Legge 8 marzo 2000, n. 53 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città" – art. 9;
  • Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66:"Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro";
  • Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81: “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • Legge 18 giugno 2009, n. 69: "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile" – art. 38;
  • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2010 , n. 277: “Regolamento recante criteri e modalità per la  concessione dei contributi di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53.
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di Alessandra Torregiani