L’inclusione come ricchezza per la società

La senatrice Beatrice Lorenzin: “L’inclusione è una ricchezza, la scuola coinvolga le famiglie per attivare più conoscenza sulla sclerosi multipla”

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Bambini in aula

01 ottobre 2024

Roma - "Sono i genitori, oggi, ad avere paura della diversità e non i bambini. Sono stati fatti tantissimi passi in avanti, ma ancora oggi c'è un problema culturale". Così la senatrice Beatrice Lorenzin, intervistata dalla Dire.

"Da un lato- ha proseguito- bisogna accompagnare i genitori che ricevono una diagnosi di malattia all'accettazione di tale diagnosi, questo anche perché poi si apre anche un mondo di possibilità per tanti bambini di avere delle vite integrate e normali, compatibilmente con la propria patologia. Dall'altro lato, spesso nella scuola si trova la paura e la diffidenza non da parte degli altri bambini ma dei loro genitori, che hanno paura che in qualche modo possa essere compromesso il percorso didattico del proprio figlio, quando invece non è così. C'è un grande lavoro da fare".

L'inclusione di bambini con disabilità, secondo la senatrice, è "spesso un momento di ricchezza per tutti, per comprendere e per non avere paura della malattia, per capire le complessità della vita ed essere amici comunque. Questo forse è il più grande investimento che possiamo fare sui nostri bambini e sulla loro capacità di accettarsi. È così che si costruisce un mondo migliore, che poi è il fine per cui li educhiamo. Ma in che modo le istituzioni possono lavorare a questo? "La prima cosa da fare è coinvolgere maggiormente le famiglie rispetto a quello che accade nella scuola- ha risposto Lorenzin alla Dire- non soltanto in termini didattici ma anche di relazione. Per farlo, però, la scuola deve essere aperta anche negli orari in cui i genitori non lavorano; si può immaginare, per esempio, di organizzare il sabato degli incontri di approfondimento rispetto alle grandi sfide che le famiglie devono avere. Tra i temi da affrontare penso alla complessità dei social network, all'impatto sulla salute mentale dei figli oppure all'inclusione rispetto alla diversità. Sono tutte questioni per cui è la famiglia che per prima deve essere coinvolta in un processo di crescita. Tutti dobbiamo crescere insieme". 

Spesso, ha proseguito c'è un bisogno "enorme da parte delle madri e dei padri di avere informazioni, ma anche di essere aiutati e rassicurati in alcuni percorsi. A scuola, allora, si può costruire la comunità in cui si vive e quindi ritornare a un tema di relazione personale, meno egoistica e più generosa. Questo perché ci troviamo a vivere in una società che ci spinge a isolarci nella nostra bolla". 

Ultimamente, intanto, dei giovani ragazzi non si fa sempre una descrizione edificante: si parla spesso di bullismo da una parte o di isolamento sociale dall'altra. Sono davvero così i nostri giovani? "I ragazzi sono bellissimi. Chi ci sta insieme, o perché ha i figli o perché lavora con loro, trova una realtà meravigliosa. I giovani sono spugne pronte ad assorbire tutto. È evidente, però, che se questi ragazzi sono un po' lasciati a se stessi, davanti ai tanti input che oggi tendono a sradicare la relazione tra persone e a isolarli, questo crea alla lunga e sta creando un problema sociale che va invece governato. In ogni caso non si tratta di un processo irreversibile- ha concluso Lorenzin- si può assolutamente tornare indietro, facendo le cose che sappiamo dover essere fatte".